sabato 5 marzo 2011

Le "Rotte" di Pagnani e Battistini all'Autorità Portuale di Ravenna. Articolo di Linda Landi

Rotte che attraversano la realtà, sfiorano l’immaginario e trasportano dalle coste a porti vicini e lontani, costruite sui profili della darsena ravennate, ma riferite ad orbite spaziali indeterminate e più ampie accomunate ai luoghi della nostra città per vocazione industriale e meccanica.
Mattia Battistini e Roberto Pagnani (in mostra alla sede dell’Autorità Portuale di Ravenna fino all’11 marzo 2011) da tempo lavoravano individualmente sul tema della nave.

Poi si sono incontrati e hanno fatto confluire le loro poetiche in una mostra a due voci che tocca un tema fondamentale per la storia e la realtà di Ravenna: il porto, l’acqua, la macchina industriale che nei loro lavori abbandona il grigio fumo e apre al colore: quello artigianale, un po’ infantile e straniante di Battistini e quello che esplode disgregando le linee nel neo-informale di Pagnani.

Una memoria che proviene dagli anni più teneri, quella di Battistini, che dipinge su legni arenati sulle spiagge, o trovati in valli e pinete: materiali di recupero che hanno già in sé un tracciato degli arenili e per questo sono fortemente impregnati del sapore dei luoghi. Sono quasi barche giocattolo che riportano a quando, col padre, veniva ospitato a bordo dai marinai e, sospeso in una “terra di mezzo”, poteva osservare contemporaneamente il porto e la perdita di vista sull’orizzonte. Di qui le volute riprese su scorci stranianti, prospettive distorte e irreali per un caos voluto che fa dell’imperfezione un elemento poetico.

Pagnani si muove per altre vie e costruisce metafore visive della fatica, del lavoro, della nave come “microsocietà galleggiante” che assume fisionomie scontornate ed aperte: una rappresentazione formale che deriva dal contatto diretto, per conoscenza familiare, con grandi protagonisti del dopoguerra come Mattia Moreni, con ascendenze all’Informale d’oltrefrontiera fino a Mathieu e al Gruppo Cobra. Rappresentazioni in cui «dripping e spatolature creano immagini dove iconico e aniconico convivono per recuperare la vocazione al simbolo e alla pluralità del linguaggio – spiega l’artista –. Il mio obiettivo è ridare contenuto agli oggetti rappresentandoli in un momento storico in cui tutto corre veloce. Dipingo schegge impazzite che riassumono questo flusso vorticoso di correnti e per me la nave ha anche una connotazione sociale: il trasporto nei container, la fatica del lavoro. Tutti elementi non facili da trasporre in pittura, ma che da tanti anni appartengono al dna di Ravenna». E lo spessore della parola è ben presente fin dal progetto che ha originato sia la mostra che il catalogo: manca volutamente la figura di un “curatore” per dare spazio a poeti, scrittori e filosofi contemporanei: i testi di Domenico Settevendemie, Francesco Bianchini e il “Bollettino n°0” a cura di Lotta Poetica, insieme alla poesia di Valerio Fabbri, tolgono infatti terreno alla didascalia per restituirlo alla suggestione. Originale anche la scelta dell’impaginatura: al posto della semplice riproduzione delle opere, si è scelto di “montare” le immagini in maniera quasi indistinta su fondali appositamente dipinti dagli artisti stessi: un’opera d’arte nell’opera d’arte che si fa forte di una netta autonomia artistica rispetto all’“allestimento-installazione” improvvisato a quattro mani, come una scrittura automatica, che contraddistingue lo spazio espositivo.

05 marzo 2011