venerdì 4 settembre 2015

METEORE a cura di Bruno Bandini



METEORE
a cura di Bruno Bandini

dal 13 - 27 settembre 2015 - Palazzo San Giacomo - Fira di Sett Dulur - Russi

Meteora” è ciò che si dispone tra il cielo e la terra. Un evento, un bagliore, qualcosa che resta sospesa, che si verifica inattesa suscitando il nostro stupore.
Nella cornice di un luogo per molti versi “incantato” come il Palazzo San Giacomo, 13 installazioni di artisti di diversa formazione, con metodologie e tecniche differenti, affronteranno questa metafora sottile e inquieta, questa singolare ambivalenza dove materiale e immateriale trovano il modo e il tempo di addensarsi e rendersi presenti: di apparire.
Un progetto espositivo sull' esitazione. Sul dubbio. Sull’incertezza. Non tanto su esitazioni e dubbi che costringono all’inazione, al torpore, alla pigrizia, quanto piuttosto sulle difficoltà e sulle differenze che agiscono nel momento in cui si progettano opere che vogliono “intercettare la realtà”. Come dire: le potenzialità del gesto artistico sono molteplici, come molteplici sono le sue espressioni. La scelta tuttavia è unica, ma non per questo è la sola possibile. Necessaria ma non sufficiente, in ogni caso “opportuna” nel suo tempo e nel suo spazio.
Esattamente come accade per quegli eventi celesti che tanto avevano affascinato gli antichi; che tanto continuano a deliziare il nostro sguardo.
Ezio Antonelli , Paola Babini, Andrea Mario Bert, Antonio Caranti, Silvia Casavecchia, Fulvio Celico, Federica Giulianini, Alice Iaquinta, Franca Minardi, Roberto Pagnani, Antonella Prencipe, Paolo Racagni, Loretta Zaganelli

vernissage 13 settembre 2015 h 11.00
self-made picnìc + artists 13 settembre 2015 h 13.00
una pausa dalla frenesia del quotidiano fuori dagli schemi, ci ritroviamo per un pic nic con gli artisti, ognuno porta il proprio cestino con merenda e plaid.
open 13 settembre 2015 h 11:00 - 19:00
18 | 19 | 20 settembre 2015 h 15:30 - 20:00
26 | 27 settembre 2015 h 15:30 - 20:00

Giornata Europea del Patrimonio
20 settembre 2015 h 15:30 - 17:30
visite guidate a Palazzo San Giacomo
13 | 27 settembre h 15:30 - 17:30 visite guidate per gruppi
a cura della Pro Loco Russi

Info: Casavecchia Silvia , Franca Minardi e Federica Giulianini tel : 3496522632 -
Email: spaziodentromostra@libero.it
Comune di Russi: Email:cultura@comune.russi.ra.it Telefono: 0544 587642
Come arrivare
A 2 km dal centro storico, direzione Ravenna, zona Villa romana. Seguire segnalazioni. Il palazzo è situato in fondo al Vicolo Carrarone Rasponi (stretta strada alberata).

Con il Patrocinio
Comune di Russi, Pro Loco, Provincia di Ravenna,Regione Emilia Romagna

martedì 23 giugno 2015

"Alberto Martini, il critico divulgatore" di Serena Simoni.


"Alberto Martini, il critico divulgatore" di Serena Simoni.
A distanza di cinquanta anni dalla scomparsa di Alberto Martini (1931-1965), l'Accademia di Belle Arti di Ravenna è l'unica istituzione locale a ricordare uno dei più illustri critici d'arte italiani: in due sale della sede è stata allestita una interessante esposizione documentaria a cura di Federica Nurchis, giovane storica dell'arte bergamasca, con la collaborazione di Roberto Pagnani, pittore e collezionista ravennate.
L'incontro fra i due curatori non è casuale: Federica ha dedicato la propria tesi, una serie di studi e una mostra alla ricostruzione del percorso internazionale di Martini, dagli esordi come allievo di Roberto Longhi fino ai successi straordinari ottenuti con le serie editoriali come "I Maestri del colore" dei Fratelli Fabbri di Milano; il secondo è il nipote di uno dei più grandi amici di Martini, di cui porta lo stesso nome - Roberto Pagnani - un intellettuale e collezionista d'arte ravennate che si spense assieme alla moglie e allo stesso Martini in un incidente d'auto a Santarcangelo di Romagna nel maggio 1965.
Nonostante la semplicità dell'allestimento composto da vari pannelli fotografici e documentari provenienti dagli archivi di Martini e Pagnani, da alcune riviste, testi e diversi esemplari delle collane ideate dal critico, la mostra consegna uno spaccato dell'Italia artistica fra gli anni '50 e '60, intrecciata saldamente al panorama europeo. I contatti dei due amici furono infatti numerosi e spesso interscambiati, grazie alle frequentazioni milanesi e parigine di Pagnani e ai numerosi viaggi in tutto il mondo effettuati da Martini per motivi di studio, per visitare o organizzare mostre e per dare vita alle pubblicazioni della Fabbri, quelle che rivoluzionarono lo scenario editoriale d'arte internazionale.
Sottotraccia scorre in mostra anche la storia di Ravenna di quegli anni, che aveva visto Martini giungere in giovane età dalla provincia mantovana, in tempo per frequentare il Liceo Classico cittadino. Il luogo di incontro degli intellettuali locali era il Bar Byron, dove un Martini appena ventenne conosce Pagnani, più vecchio di una quindicina di anni. Di quest'ultimo, Alberto ammira la passione politica - Roberto scrive articoli e dirige "Democrazia", il periodico del Comitato di Liberazione Nazionale - oltre a condividere il medesimo interesse per l'arte: a casa di Pagnani e della moglie Raffaella Ghigi non esiste solo una bella collezione di opere antiche, ma si sta costituendo un'interessante raccolta di opere contemporanee in sintonia con quello che si muove in Europa, dall'Informale all'Espressionismo astratto, dallo Spazialismo al Nuclearismo.
Così, saldata l'amicizia e corrisposti gli interessi, Martini si dirige su Firenze dove si distingue fra gli allievi di Roberto Longhi, mentre l'amico stringe una rete di contatti con mercanti d'arte a Milano e a Parigi, con artisti come Georges Mathieu e Ben Shahn, con critici d'arte come Arcangeli.
La formazione di Martini si partisce ben presto fra lo studio dell'antico - a lui si deve un saggio fondamentale sugli esordi del pittore quattrocentesco Bartolomeo della Gatta (1953) - e la passione per la contemporaneità: tornato a Ravenna nel '54, insieme a Pagnani conosce Ben Shahn al quale dedica un articolo sulla rivista "Paragone". Sarà la severa formazione alla scuola di Longhi a permettergli di affrontare l'arte contemporanea con una precisa attenzione alla vocazione etica del lavoro, ma lo svincolo dall'imprinting del maestro si evidenzia nella libertà dei riferimenti utilizzati dal giovane critico, che osa citare Chaplin insieme ad Eliot e Grosz.
Con l'ausilio di Longhi, Martini inizia nello stesso anno la collaborazione con la radio nazionale: cosciente dell'importanza della divulgazione come il proprio maestro, scrive i testi per alcune trasmissioni dedicate agli artisti contemporanei fra cui vorrebbe inserire Mattia Moreni, conosciuto insieme a Pagnani. Due anni dopo inizia la sua collaborazione con la TV, pronta ad accogliere iniziative divulgative di alto profilo scientifico per soddisfare l'esigenza didattica nei confronti di un paese affamato di cultura. Martini realizza i testi per alcune trasmissioni come "Almanacco" e "le tre arti" e lo storyboard per un documentario su Medardo Rosso: il filmato, ancora esistente, indaga l'opera dello scultore fornendo confronti con Rodin e inserendo interviste con Carrà e Soffici. Oltre a questo si conserva anche nell'Archivio familiare un altro documentario dedicato a Virgilio Guidi (1960), realizzato nello studio dell'artista in Palazzo Ducale a Venezia.
La dimensione internazionale dei contatti di Martini si rileva nell'organizzazione di una mostra itinerante in Germania in cui vengono presentati alcuni artisti italiani contemporanei: nel 1958 a Kassel come a Colonia espongono Scanavino, Moreni, Vedova, Dova, Bendini, Romiti, autori su cui il critico manterrà un vivo interesse anche negli anni successivi.
Intanto, sulle varie riviste italiane come "Paragone", "Arte veneta", "Arte antica e moderna", si susseguono suoi interventi sull'antico, con un particolare riguardo ai beni artistici romagnoli. Il tempo a Ravenna viene passato setacciando l'Archivio di Corrado Ricci e i depositi della Pinacoteca comunale, all'epoca situata nella sede del Monastero di Classe. Gli studi condotti portano ad una rivalutazione della pittura riminese del '300 a Ravenna fornendo spunti significativi ai successivi interventi dell'amico Carlo Volpe, e restituiscono nuove attribuzioni riconoscendo una maggiore rilevanza ad autori e periodi storici meno indagati, come il '400 e il '500 a Ravenna o le figure di Rondinelli, degli Zaganelli e dei Longhi.
Un dono alla città è la sua guida alla "Galleria dell'Accademia di Ravenna", pubblicata nel 1959 ma con un'introduzione datata al gennaio di due anni prima: si tratta di un catalogo selezionato delle opere della collezione comunale che con fare profetico Martini auspica venga trasferita alla Loggetta lombardesca. Dopo le pubblicazioni di Corrado Ricci e Adriana Arfelli, il catalogo - fortemente voluto da Mario Giuliani-Ricci, presidente dell'Azienda autonoma di Soggiorno e Turismo di Ravenna - ricalibra attribuzioni e interpretazioni critiche, avvalendosi dei suggerimenti di colleghi e amici fra cui, oltre al solito Longhi, sono Sergio Bettini, Ferdinando Bologna, Giuliano Briganti, Giuseppe Fiocco, Cesare Gnudi, Mina Gregori, Rodolfo Pallucchini, Ulrich Middeldorf e Carlo Volpe. Come a dire il Gotha della storia dell'arte italiana.
Ma Ravenna "non è terra per esploratori" come afferma Pagnani in una lettera all'amico, che nel 1958 si trasferisce definitivamente a Milano. Lo strabismo fra antico e moderno viene mantenuto con grande intelligenza: da una parte, la collaborazione con Paolo Marinotti per una mostra allestita a Palazzo Grassi di Venezia spinge Martini a mantenere desto l'occhio sul contemporaneo, ottenendo un successo tale da trasferire l'esposizione in Germania e in Olanda. E mentre organizza un dibattito sulla XXX edizione della Biennale di Venezia del 1960 - registrato con Gian Alberto Dell'Acqua, sovrintendente a Brera, insieme allo scrittore Dino Buzzati, al collezionista Carlo Cardazzo e al critico Marco Valsecchi - esce nello stesso anno un suo articolo sulla Madonna Ruskin oggi ad Edimburgo. Il critico propone un'attribuzione a Leonardo, suscitando scalpore e curiosità mondiali, a partire dalla BBC a cui illustra l'ipotesi di un intervento del giovane fiorentino su cartone del Verrocchio.
Contemporaneamente, Martini continua a scrivere su riviste d'arte nazionali approfondendo figure che ritiene sacrificate dai grandi miti del '900 come i postimpressionisti Bonnard e Vuillard, per i quali nutre una profonda passione mai dismessa.
Tentata con successo la grande diffusione attraverso radio e televisione, naufragata al contrario l'esperienza di un periodico d'arte come "Arte figurativa antica e moderna", è l'incontro nel 1960 con Dino Fabbri a cambiare la vita di Martini e il panorama dell'editoria nazionale. Mediatore dell'incontro fra i due è ancora Roberto Longhi che propone l'ex allievo alla casa editrice milanese, fino ad allora indirizzata alla produzione di testi scolastici ed enciclopedie. "Capolavori nei secoli" è la prima iniziativa ideata da Martini che irrompe nelle edicole con immagini a colori invece del solito bianco/nero e con un formato quasi quadrato, adatto alla riproduzione delle opere più famose del mondo. Saltando da New York a San Francisco, da Washington a Honolulu, dal Giappone all'India attraverso Taiwan, Hong Kong e Bangkok, in un anno Martini raccoglie centinaia di permessi e fa eseguire altrettante fotografie al fidato Alfredo Loprieno. Si tratta della maggiore iniziativa editoriale italiana del secolo in campo artistico assieme alle serie successive dei "Maestri del colore", usciti in edicola fra il 1963 e il '69, e di "L'arte raccolta" (1965-66), realizzata grazie ad un accordo fra Fabbri e Skira. Il successo di edizioni a portata di ogni tasca è tale che i testi vengono tradotti in numerosi paesi del mondo da case editrice famose come la Hachette di Parigi o la Octopus Books di Londra.
Punta di forza delle varie edizioni - diversificate fra opere celebri, dipinti di ogni tempo e cicli legati ad un luogo o ad un periodo particolari - sono l'apparato scientifico dei testi, affidati al proprio entourage di esperti, la precisione quasi maniacale dei fotocolor, e l'alta tiratura venduta a prezzi contenuti: i musei entrano così massicciamente nelle case della gente comune.
Fra i vari artisti e cicli che Martini si riserva di trattare ci sono gli affreschi di Masolino a Castiglione Olona, il profilo di Morandi e quello di Alberto Giacometti, conosciuto tramite Ugo Mulas nel 1962 alla Biennale e presto divenuto suo amico.
Le recensioni critiche alla XXXI Biennale si alternano alle uscite dei numeri delle edizioni Fabbri, agli studi su Otto Dix, ai ritorni frequenti a Ravenna, dove con Pagnani realizza alcune mostre alla Galleria di Anna Fietta in via Argentario dove vengono esposte opere grafiche, dipinti contemporanei, oggetti di arte precolombiana. Non contenti, i due amici si accordano per collaborare con la nascente galleria di Giuseppe Maestri, la "Bottega" di via Baccarini. Nessuno dei due farà mai a tempo per l'inaugurazione della mostra di disegni di Carrà da loro progettata: l'incidente li sottrae per sempre alla scena italiana. Il lascito di Pagnani rimane nella collezione di casa e nella storia della città; quello di Martini nelle case di migliaia di italiani.

domenica 24 maggio 2015

Per Alberto Martini. Ravenna, Cinquant’anni Dopo


Per Alberto Martini. Ravenna, cinquant’anni dopo
L’Accademia di Belle Arti celebra lo storico dell’arte a mezzo secolo dalla scomparsa

Alberto Martini (Acquanegra sul Chiese 1931-Santarcangelo di Romagna 1965)
Per quanto gli estremi anagrafici di Alberto Martini siano tanto ravvicinati, non è facile condensare in poche righe la sua variegata esperienza di storico dell’arte: carta stampata, editoria periodica, mostre, radio e televisione sono solo alcuni degli ambiti che rievocano gli interessi del personaggio. Nella ricostruzione della sua pur breve vita ci viene in soccorso l’archivio composto di carte e fotografie che facevano parte del suo materiale di studio; da questo fondo sono tratte le immagini e i documenti presentati in questa mostra, che intende rendergli omaggio in occasione dei cinquant’anni dalla sua scomparsa.
Nato in provincia di Mantova, ma presto trasferitosi a Ravenna dove la famiglia si stabilisce, il percorso critico di Martini inizia sui banchi dell’Università di Firenze, allievo del più grande storico dell’arte italiano del Novecento, Roberto Longhi; con lui si laurea nel 1954 preparando una tesi su un pittore complesso come Bartolomeo della Gatta (1448-1502), di cui ancora oggi gli studi non hanno prodotto una monografia.
Trasferitosi a Milano nel 1958 in cerca di maggiori opportunità lavorative, l’attività del giovane nel capoluogo lombardo debutta nel clima fervido che si instaura tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, un momento di straordinaria apertura culturale che vede la collaborazione di tutti gli operatori a diversi livelli. Sono anni in cui gli storici dell’arte lavorano in sintonia con i musei, lo Stato gioca una parte fondamentale e anche il mondo del commercio e delle gallerie coopera alla riuscita di notevoli progetti culturali. È nel periodo del boom economico che Martini intraprende a passo sostenuto il sentiero della storia dell’arte con un’operosità frenetica e qualificata, entusiasta e scientifica, che spesso caratterizza i «tecnici» della disciplina formatisi in quegli anni di fervore culturale ed economico.
Nemmeno trentenne, cura il catalogo della pinacoteca di Ravenna, che esce nel 1959; nel 1960, uno dei rari italiani in quei decenni, pubblica articoli di fondamentale importanza su testate come l’«Art Bulletin» o il «Burlington Magazine». Nello stesso tempo scrive su numerose altre riviste come «Apollo», l’«Approdo letterario», «Arte antica e moderna», «Arte Club», «Arte veneta», «Il Veltro», «Il Verri», «Il taccuino delle arti», «Il Tirreno», «La Biennale di Venezia», «Paragone», «Pirelli», «Settimo giorno», «The Connoisseur». Gli argomenti sono tra i più disparati: articoli sul Trecento riminese, sulla pittura del Seicento emiliano o su Poussin, accanto a testi su Vuillard, Mafai, l’antica pittura cinese, l’arte americana alla Biennale di Venezia o Ben Shahn.

Ciò che colpisce della figura di Martini è la varietà dei suoi interessi, degli ambiti di ricerca e dei mezzi a cui sa accedere, svolgendo la propria attività in poco più un decennio, fino alla precoce scomparsa nel 1965.
Sullo scorcio degli anni Cinquanta cade l’esperienza di direzione di una rivista di taglio borghese come «Arte figurativa antica e moderna»; nello stesso momento inizia la collaborazione con la radio, soprattutto per la rubrica «L’Approdo», e con la nascente televisione. Per la RAI Alberto lavora a diversi documentari di argomento artistico, dagli edifici (castelli, palazzi e ville) dal XII al XIX secolo alle cronache delle mostre contemporanee, passando per Medardo Rosso, Virgilio Guidi o Mattia Moreni.
Nel 1960 avviene il “fatale” incontro con Dino Fabbri (1922-2001), che da ora monopolizzerà quasi in toto l’attività di Martini per la propria casa editrice. Quella svolta in collaborazione con la Fabbri è una produzione per l’epoca innovativa, che fa della storia dell’arte per la prima volta un fatto di “massa”: la disciplina artistica e in generale la cultura sono distribuite in edicola al servizio della gente (350 lire), mantenendo un alto livello scientifico; il giovane, insieme al patron della casa milanese, è condirettore delle collane artistiche Fabbri fino al 1965.
La prima serie prodotta è «Capolavori nei Secoli», per cui Martini nel 1961 intraprende, su commissione degli editori, un viaggio di oltre sei mesi per musei e collezioni d’Europa, d’America e d’Asia, occupandosi del reperimento delle illustrazioni. Con l’apporto tecnico del fotografo Alfredo Loprieno, Martini gira i tre continenti, compiendo scatti di prima mano appositamente per l’occasione; per lo studioso è una grande esperienza formativa e per la casa editrice un notevole arricchimento: dopo quella data possiede un archivio iconografico di enormi dimensioni.
Non occorre poi rammentare l’importanza de «I Maestri del Colore» e quale notevolissimo ruolo abbiano giocato nell’ampliamento della conoscenza artistica presso le classi meno agiate della società; ma va ricordato almeno quanto l’esordio della collana debba al successo della mostra su Mantegna di Giovanni Paccagnini a Mantova nel 1961, per la prima volta davvero popolare: non è certo un caso che il primo numero della raccolta (redatto da Martini) sia proprio dedicato a Mantegna, artista a cui capita in sorte al principio degli anni Sessanta di porsi come punto fermo, giro di boa della democratizzazione della storia dell’arte in Italia.
Vanno infine menzionate serie come Pittura in Europa, «L’Arte racconta», «Mensili d’arte» o «Elite»; di queste, come delle collane già citate, non si contano le traduzioni che la Fabbri edita all’estero e le ristampe occorse nei decenni seguenti.
Lungo l’arco della sua attività Martini rivolge poi attenzione anche al mondo del commercio, collaborando in qualità di consulente con la nascente casa d’aste Finarte e dedicandosi all’universo delle gallerie d’arte, per le quali cura mostre e relativi cataloghi di artisti contemporanei.
Quella di Martini per la storia dell’arte è una passione pervasiva che influenza anche le sue frequentazioni quotidiane. Tra le amicizie del critico e della moglie (nel 1961 sposa Paola, figlia dell’artista ticinese Alberto Salvioni) si trovano i nomi di alcuni tra i principali artisti, critici, collezionisti, galleristi, editori e letterati degli anni Sessanta; un rapporto particolare si instaura con Alberto Giacometti (1901-1966).





19 – 28 maggio 2015
Inaugurazione: martedì 19 maggio, 11.00
A cura di Federica Nurchis e Roberto Pagnani
Presentazione e conferenza di
Federica Nurchis e Filippo Trerè
Ravenna, Accademia di Belle Arti, Galleria dell’Accademia
Via delle Industrie, 76
Lunedì – venerdì, 09.00 – 18.00



LA NATURA E' UN TEMPIO - Palazzo del Bargello di Gubbio


giovedì 5 febbraio 2015

BLOOMING ULTIMO ATTO


BLOOMING ULTIMO ATTO
Domenico racconta Roberto

14 febbraio 2015 ore 18.00 
vibra - spazio contemporaneo di idee

via Fantuzzi, 8 Ravenna

Domenico Settevendemie racconta la poesia delle opere
di Roberto Pagnani

martedì 11 novembre 2014

Bottega Gollini - 20X20

La Bottega Gollini inaugura la nuova stagione di eventi artistici con la mostra "20per20" dedicata alla città di Imola.
La mostra nasce dall'idea di presentare gli artisti nazionali e internazionali che abitualmente collaborano con la Bottega Gollini - Galleria d'Arte. Luigi Foschini, curatore della mostra e proprietario della Galleria, ha proposto ai suoi artisti di realizzare opere appositamente per l'occasione, ad una precisa condizione: rispettare il formato di 20 x 20 centimetri. Trentotto artisti hanno risposto all'iniziativa, presentando più di cento lavori inediti racchiusi in queste piccole tavole quadrate. Le opere sono state riunite in una composizione che è andata ad occupare un'intera parete della Galleria d'Arte, creando un allestimento del tutto originale che rappresenta l'essenza della Bottega Gollini. Possiamo osservare, in questa parete, lavori degli artisti Imolesi Daniele Cantoni, Dosso (Giuseppe Dall'Osso), Ermes Ricci, Kido Emiliani, Luigi Zanellati e di Alessandro Saturno Martinelli, Alessandro Tofanelli, Alma'ch, Andrea Agostini, Andrea Mariconti, Angelo Favaro, Angelo Titonel, Annibale, Antonio Murgia, Franco Anselmi, Athos Faccincani, Ciro Palladino, Claudio Malacarne, Fulvio Fusella, Giampaolo Talani, Giulio Maulini, Guido Armeni, Luca Alinari, Luca Barberini, Luca Bellandi, Luciano Lupoletti, Luigi Rosati, Meloniski Da Villacidro, Mirella Bisson, Paolo Fresu, Patrizia Dalla Valle, Renzo Crociara, Roberto Pagnani, Silvano Braido, Stefano Mancini, Stefano Ronci, Ugo Nespolo, Valeria Ercolani.
Le differenze tra i vari artisti - per quanto riguarda la storia, le intenzioni e le tecniche - vengono per un momento dimenticate per dar vita ad un'installazione che sorprende per la sua imponenza. I singoli lavori vivono in una doppia identità: da un lato sono opere d'arte in se stesse, frammenti e tracce degli artisti contemporanei coinvolti, e dall'altro sono parti di un'unica opera in cui coesistono le anime dei singoli artisti e quella del curatore.
L'allestimento testimonia il rapporto di Luigi Foschini con gli artisti che hanno accompagnato la sua esperienza, alimentata da un'autentica passione per l'arte e dal desiderio di condividerla con l'intera cittadinanza.
Questa mostra vuole essere infatti un momento di arricchimento culturale, un'occasione di conoscenza e di ulteriore avvicinamento all'arte per il pubblico.
La Bottega Gollini: una storia di passione per l'arte
La Bottega Gollini viene fondata a Imola nel 1967 da Alberto Gollini, Imolese noto per aver favorito la diffusione di opere uniche e grafiche d'autore di alcuni tra i più importanti nomi del panorama artistico nazionale ed internazionale. Nel 2000 Luigi Foschini acquista la Bottega con l'impegno di portare avanti la stessa concezione dell'arte e il medesimo modo di operare, a favore della creazione di relazioni artistiche e culturali di rilievo, lontano da logiche esclusivamente commerciali. Luigi Foschini mantiene l'attività del laboratorio artigianale di produzione cornici, amplia le attività della Galleria d'Arte, mette in circolazione opere di importanti artisti e le avvicina ad un ampio pubblico. Nel 2013 la Bottega Gollini si trasferisce presso la Via Emilia, di fronte al Teatro Ebe Stignani, cuore della vita culturale Imolese: il passaggio sancisce la volontà di apertura e partecipazione alle attività cittadine.
Bottega Gollini, Galleria d'Arte - via Emilia, 43 Imola (Bo) - t. 0542 30360 - info@bottegagollini.it www.bottegagollini.it

lunedì 19 maggio 2014

ASYLUM


ASYLUM
Babini/Bendandi/Cestari/Pagnani/Righi 
a cura di Denitza Nedkova 
26 maggio - 20 giugno 2014
Galleria Alma Mater 
ala Nord Rettorato 
bul. Zar Osvoboditel 15
Sofia.