domenica 24 maggio 2015

Per Alberto Martini. Ravenna, Cinquant’anni Dopo


Per Alberto Martini. Ravenna, cinquant’anni dopo
L’Accademia di Belle Arti celebra lo storico dell’arte a mezzo secolo dalla scomparsa

Alberto Martini (Acquanegra sul Chiese 1931-Santarcangelo di Romagna 1965)
Per quanto gli estremi anagrafici di Alberto Martini siano tanto ravvicinati, non è facile condensare in poche righe la sua variegata esperienza di storico dell’arte: carta stampata, editoria periodica, mostre, radio e televisione sono solo alcuni degli ambiti che rievocano gli interessi del personaggio. Nella ricostruzione della sua pur breve vita ci viene in soccorso l’archivio composto di carte e fotografie che facevano parte del suo materiale di studio; da questo fondo sono tratte le immagini e i documenti presentati in questa mostra, che intende rendergli omaggio in occasione dei cinquant’anni dalla sua scomparsa.
Nato in provincia di Mantova, ma presto trasferitosi a Ravenna dove la famiglia si stabilisce, il percorso critico di Martini inizia sui banchi dell’Università di Firenze, allievo del più grande storico dell’arte italiano del Novecento, Roberto Longhi; con lui si laurea nel 1954 preparando una tesi su un pittore complesso come Bartolomeo della Gatta (1448-1502), di cui ancora oggi gli studi non hanno prodotto una monografia.
Trasferitosi a Milano nel 1958 in cerca di maggiori opportunità lavorative, l’attività del giovane nel capoluogo lombardo debutta nel clima fervido che si instaura tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, un momento di straordinaria apertura culturale che vede la collaborazione di tutti gli operatori a diversi livelli. Sono anni in cui gli storici dell’arte lavorano in sintonia con i musei, lo Stato gioca una parte fondamentale e anche il mondo del commercio e delle gallerie coopera alla riuscita di notevoli progetti culturali. È nel periodo del boom economico che Martini intraprende a passo sostenuto il sentiero della storia dell’arte con un’operosità frenetica e qualificata, entusiasta e scientifica, che spesso caratterizza i «tecnici» della disciplina formatisi in quegli anni di fervore culturale ed economico.
Nemmeno trentenne, cura il catalogo della pinacoteca di Ravenna, che esce nel 1959; nel 1960, uno dei rari italiani in quei decenni, pubblica articoli di fondamentale importanza su testate come l’«Art Bulletin» o il «Burlington Magazine». Nello stesso tempo scrive su numerose altre riviste come «Apollo», l’«Approdo letterario», «Arte antica e moderna», «Arte Club», «Arte veneta», «Il Veltro», «Il Verri», «Il taccuino delle arti», «Il Tirreno», «La Biennale di Venezia», «Paragone», «Pirelli», «Settimo giorno», «The Connoisseur». Gli argomenti sono tra i più disparati: articoli sul Trecento riminese, sulla pittura del Seicento emiliano o su Poussin, accanto a testi su Vuillard, Mafai, l’antica pittura cinese, l’arte americana alla Biennale di Venezia o Ben Shahn.

Ciò che colpisce della figura di Martini è la varietà dei suoi interessi, degli ambiti di ricerca e dei mezzi a cui sa accedere, svolgendo la propria attività in poco più un decennio, fino alla precoce scomparsa nel 1965.
Sullo scorcio degli anni Cinquanta cade l’esperienza di direzione di una rivista di taglio borghese come «Arte figurativa antica e moderna»; nello stesso momento inizia la collaborazione con la radio, soprattutto per la rubrica «L’Approdo», e con la nascente televisione. Per la RAI Alberto lavora a diversi documentari di argomento artistico, dagli edifici (castelli, palazzi e ville) dal XII al XIX secolo alle cronache delle mostre contemporanee, passando per Medardo Rosso, Virgilio Guidi o Mattia Moreni.
Nel 1960 avviene il “fatale” incontro con Dino Fabbri (1922-2001), che da ora monopolizzerà quasi in toto l’attività di Martini per la propria casa editrice. Quella svolta in collaborazione con la Fabbri è una produzione per l’epoca innovativa, che fa della storia dell’arte per la prima volta un fatto di “massa”: la disciplina artistica e in generale la cultura sono distribuite in edicola al servizio della gente (350 lire), mantenendo un alto livello scientifico; il giovane, insieme al patron della casa milanese, è condirettore delle collane artistiche Fabbri fino al 1965.
La prima serie prodotta è «Capolavori nei Secoli», per cui Martini nel 1961 intraprende, su commissione degli editori, un viaggio di oltre sei mesi per musei e collezioni d’Europa, d’America e d’Asia, occupandosi del reperimento delle illustrazioni. Con l’apporto tecnico del fotografo Alfredo Loprieno, Martini gira i tre continenti, compiendo scatti di prima mano appositamente per l’occasione; per lo studioso è una grande esperienza formativa e per la casa editrice un notevole arricchimento: dopo quella data possiede un archivio iconografico di enormi dimensioni.
Non occorre poi rammentare l’importanza de «I Maestri del Colore» e quale notevolissimo ruolo abbiano giocato nell’ampliamento della conoscenza artistica presso le classi meno agiate della società; ma va ricordato almeno quanto l’esordio della collana debba al successo della mostra su Mantegna di Giovanni Paccagnini a Mantova nel 1961, per la prima volta davvero popolare: non è certo un caso che il primo numero della raccolta (redatto da Martini) sia proprio dedicato a Mantegna, artista a cui capita in sorte al principio degli anni Sessanta di porsi come punto fermo, giro di boa della democratizzazione della storia dell’arte in Italia.
Vanno infine menzionate serie come Pittura in Europa, «L’Arte racconta», «Mensili d’arte» o «Elite»; di queste, come delle collane già citate, non si contano le traduzioni che la Fabbri edita all’estero e le ristampe occorse nei decenni seguenti.
Lungo l’arco della sua attività Martini rivolge poi attenzione anche al mondo del commercio, collaborando in qualità di consulente con la nascente casa d’aste Finarte e dedicandosi all’universo delle gallerie d’arte, per le quali cura mostre e relativi cataloghi di artisti contemporanei.
Quella di Martini per la storia dell’arte è una passione pervasiva che influenza anche le sue frequentazioni quotidiane. Tra le amicizie del critico e della moglie (nel 1961 sposa Paola, figlia dell’artista ticinese Alberto Salvioni) si trovano i nomi di alcuni tra i principali artisti, critici, collezionisti, galleristi, editori e letterati degli anni Sessanta; un rapporto particolare si instaura con Alberto Giacometti (1901-1966).





19 – 28 maggio 2015
Inaugurazione: martedì 19 maggio, 11.00
A cura di Federica Nurchis e Roberto Pagnani
Presentazione e conferenza di
Federica Nurchis e Filippo Trerè
Ravenna, Accademia di Belle Arti, Galleria dell’Accademia
Via delle Industrie, 76
Lunedì – venerdì, 09.00 – 18.00