domenica 12 giugno 2011

Atlante Laterale - Recensione di Fabiano Alborghetti (da Alleo.it)




Pubblicato nel Giugno 2010, “Atlante laterale” è decisamente un invito al viaggio ma un invito particolare: quattro occhi, quattro mani, due sguardi diversi per gli stessi luoghi, due lingue diverse per raccontare l‘invisibile e il tangibile, un libro per farsi sorprendere.
“Atlante laterale” nasce –e qui riprendo la Nota editoriale- «dall’incontro artistico, poetico e letterario fra Roberto Pagnani (pittore) e Valerio Fabbri (poeta). La struttura del testo si manifesta tramite l’accostamento e le visioni “laterali” di dodici città prese in esame dai due autori. La prima città descritta è sempre di Pagnani, seguita ed affiancata da Fabbri. Quest’ordine viene rispettato fino alla conclusione del testo». In prefazione è uno scritto del poeta Stefano Simoncelli, che non a caso annota come le città visitate da Pagnani e Fabbri siano «(…) città e luoghi dell’anima. E’ la topologia che ognuno di noi si porta dentro e che è stata la carta di identità della migliore poesia di fine secolo. (…) Sono luoghi in cui ci riconosciamo, dove respiriamo “aria buona” (…) ».
Ed è vero: sia che le città affrontate noi le si abbia conosciute viaggiando, sia che la scoperta arrivi da altro (cinema, immagini; non di prima mano, comunque), nei testi respiriamo l’aria buona di Simoncelli, mista a una destabilizzazione, il brivido leggero dell’imprevisto che un piccolo particolare fatto emergere nel testo, evoca: un nulla che racchiude un mondo, un cerchio nel cerchio, nel cerchio, nel cerchio. Pagnani e Fabbri ci portano per mano a Berlino, Bologna (città natale di Pagnani), Ferrara, Firenze, Grenoble, Londra, Manova, Nida (in Polonia), Ravenna (città natale di Fabbri), Roma, Trieste, Venezia. Non c’è indice: bisogna scoprirle voltando pagina, visione dopo visione, parola dopo immagine, punto di vista dopo fatto storico, dopo visita, dopo invenzione. Impressione universale contrapposta al punto di vista personale. Ed è stupefacente: le visioni di questo “Atlante laterale” sono brevi, miniature più che affreschi, tratteggi talvolta.
Leggendoli però, uno dopo l’altro, ho quasi avuto la sensazione di una inversione di ruoli: che il poeta fosse Pagnani e Fabbri il pittore. Pagnani che in poche righe monta a neve storia e vicenda personale chiudendo con un colpo di frusta; Fabbri che acquerella larghezze dilatandole sempre più e negando il confine. E’ un bel dialogo e la curiosità voyeuristica del sapere come ognuno scrive ciò che vede una medesima cosa, cede presto al passo al capire “come ognuno vede” e basta. Quale dialogo è possibile tra i due testi: dove si fondono, come si intersecano, quanto restano paralleli. Dove, un viaggio fatto con occhi altrui, permette a noi di viaggiare e come. Simoncelli, in prefazione, cita dei versi di Caproni: «Non c’ero mai stato. M’accorgo che c’ero nato». Leggendo questo piccolo breviario di viaggio, posso io aggiungere: c’ero stato, e mai l’ho vista così» (e alla fine del libro, non ho potuto fare a meno di ricominciare daccapo).





Fabiano Alborghetti